Quando l’inaugurazione di un centro fascista di forza nuova non genera alcun tipo di indignazione e quando i manifestanti anti-fascisti che vi si oppongono vengono pestati e manganellati dalla polizia, quando questo si verifica è opportuno mettere in discussione le priorità personali in relazione all’ambiente circostante.
Circola in questi giorni un video che riprende in modo assolutamente inequivocabile un poliziotto mentre, con lo stivale, schiaccia la testa di un manifestante sull’asfalto.
Un manifestante già prono e palesemente inoffensivo.
Un simile evento non si è svolto anni addietro.
Ma pochi giorni fa.
La polizia che a Genova macellava impunemente non ha deciso di percorrere nuove strade più vicine alla civiltà.
Tutti coloro che, senza condanna, hanno terrorizzato, picchiato, umiliato e torturato manifestanti a Genova (costringendo Amnesty International ad affermare di aver assistito alla "sospensione della democrazia, la più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale"), tutti questi poliziotti non hanno cessato di lavorare,
sono tornati tutti ai propri incarichi.
Lasciando perdere qualche commento sulle recenti sentenze dei processi in corso, molti dei personaggi coinvolti non si sono accontentati dell’impunità ma sotto diversi governi sono giunti a migliorare la propria posizione professionale.
Dopo aver assistito alle tragedie della Diaz e di Bolzaneto il video in questione sembra quasi una passeggiata di piacere.
Ed è sintomatico.
E’ sintomatico che la manifestazione di anti-fascisti sia da condannare ma non meriti quasi menzione l’origine della stessa.
Sintomatico che la violenza della polizia sia prassi da non verificare neanche se manifesta e invece sia da stigmatizzare il comportamento di giovani legittimamente indignati dalla deriva in corso.
E’ sintomatico che i giornali tacciano e tendano a non rendere disponibile la visione di filmati che genererebbero sfiducia nelle forze dell’ordine.
E’ sintomatico come negli ultimi dieci anni in televisione, dove il filtro percettivo è meno presente, sia siano sfornate fiction a nastro su polizia, carabinieri e squadre varie.
Da mediaset a rai senza nessuna interruzione.
Non telegiornali od approfondimenti ma fiction televisive saturate di giovani belli e pieni di ideali.
E’ sintomatico che gran parte delle polizie europee abbia ormai adottato la prassi di rendere identificabili i propri agenti ma la polizia italiana ancora gongoli della propria virtuale inidentificabilità in gran parte dei contesti operativi.
<<Amnesty International ha ripetutamente sollecitato l’Italia a recepire il Codice di etica della polizia, adottato dal Consiglio d’Europa nel settembre 2001, e ad assicurare che i suoi pubblici ufficiali siano obbligati a mostrare in maniera evidente alcune forme di identificazione individuale, come un numero di matricola, al fine di evitare il ripetersi di situazioni d’impunità.>>
Questa è la polizia italiana.
Ma davvero esiste una fortissima ironia in tutto questo.
Non ci piace la polizia?
Adesso abbiamo le ronde.
Come dire: dalla padella….
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