La premessa la rubo, parafrasandola, ad Arundhati Roy.
Criticare gli Stati Uniti, criticare l’amministrazione Obama, è lecito.
E’ opportuno.
E lo sarà fino a quando, come cittadino del nostro occidente "civilizzato", farò parte dell’impero.
Fino a quando sarò cittadino dell’impero (che sia il lato dello sfruttato o quello dello sfruttatore) riterrò legittimo vagliare tale operato.
E allora..
..vediamo alcuni aspetti di Obama che la stampa italiana si permette di citare solo raramente, presa com’è da questa sorta di amore assoluto nei suoi confronti.
Obama diplomatico senza paura:
Nel 2009 il Dalai Lama è atteso negli Stati Uniti.
George Bush era stato il primo presidente americano ad incontrarlo.
Obama a questo incontro non pare molto interessato. Si rifiuta di vederlo.
http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/esteri/obama-presidenza-11/obama-dalai-lama/obama-dalai-lama.html
http://rampini.blogautore.repubblica.it/2009/10/05/pechino-piega-obama-sul-tibet/
Interessante la difesa d’ufficio dell’amministrazione: "lo staff di Obama non crede molto in questi incontri rituali che si traducono spesso in una bella foto ricordo senza reali progressi per la causa tibetana"
Beh, non incontrarlo sarà invece un modo indubbio per far progredire la causa tibetana. Complimenti.
Immaginate un simile comportamento assunto da parte di Bush, immaginate la reazione della stampa alle parole dell’amministrazione.
Obama, fiero combattente delle lobby:
Un accordo con i produttori di farmaci?
Bloccare gli sforzi del congresso mirati a ridurre il prezzo di alcuni farmaci grazie a contrattazioni
localizzate stato per stato?
No, non è possibile che super Obama si muova in questo modo.
O forse si.
La questione dell’accordo con le aziende farmaceutiche fa sorridere per il modo in cui è stato affrontata dai media.
Le aziende farmaceutiche rinunciano ad 80 milioni di dollari che Medicare deve loro.
Grande risultato?
Beh, peccato che Obama non consentirà a Medicare di negoziare sui prezzi dei farmaci da prescrivere.
Questo, ci si arriva facilmente, implica che gli aumenti dei prezzi dei farmaci nei prossimi anni saranno liberamente
gestiti dalle case farmaceutiche.
Se io guadagno, come Stato, 80 in questo momento e perdo 600 in dieci anni allora il risultato forse non è straordinario.
Non è buono.
A ben vedere potrebbe non essere neanche sufficiente.
E se mi chiamo Bush e metto in atto un simile accordo allora potete stare certi che verrò giustamente bersagliato per aver svenduto la salute dei cittadini.
http://www.sanitanews.it/articolo.php?id=3651
Obama amato oltre ogni logica:
I suoi elettori?
I suoi elettori sono talmente entusiasti che alcuni di quelli che erano stati i suoi più fervidi ammiratori hanno raccolto fondi a sufficienza per comprarsi una pagina sul New York Times per rammentare ad Obama alcuni impegni disattesi.
Anche questo non lo troveremo sui nostri giornali.
Obama pacifista:
Un tale pacifista che, è persino insultante ricordarlo, ha inviato più di 30.000 nuovi soldati in Afghanistan.
Per raggiungere la pace.
Quanto meno la sua pace.
Certo, deve essere stata proprio una decisione difficile.
MA DEVE FINIRE IL LAVORO
"Finire il lavoro?"
Ricorda molto il "missione compiuta" di recente, tragica, memoria.
Il buon Tacito viene in nostro soccorso:
« Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant »
O se preferiamo (io si)…
« Depredano, trucidano, rubano e questo lo chiamano col nome falso di impero; hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace. »
Tutti possiamo ottenere la pace in questo modo. Se abbiamo il potere possiamo creare il terrore.
Alla fine, a sancire i meriti del nostro eroe, arriva il Nobel per la pace (farebbe il paio con quello dato a Kissinger).
Il suo discorso è quanto di più rivoltante esprimibile per giustificare la real politik che tanto ha giovato al "mondo libero" fino ad ora.
Cito a memoria alcuni brandelli di discorso:
"Non bisogna farsi illusioni, il male esiste nel mondo, un movimento non violento non avrebbe fermato gli eserciti di Hitler, al Qaeda non può essere convinta dai negoziati a deporre le armi".
Troppo facile dire che al Qaeda non possa essere convinta con i negoziati.
Troppo comodo usare l’escamotage di Hitler per provocare empatia.
Troppo sporco generalizzare.
Gli strumenti di guerra hanno prima di tutto un ruolo nella guerra.
E non "nella pace"
E non credo che qualcuno abbia realizzato che questo discorso è quanto di più grande sia stato speso per giustificare la logica della deterrenza.
"Proteggere e difendere la propria nazione" non equivale a perseguire la pace.
E un uomo che ha aumentato il contingente militare in Afghanistan non dovrebbe neanche parlare di pace.
Ma al massimo di pacificazione per mezzo di morte.
Peacekeeping? Parliamo, nel migliore dei casi, di peacemaking.
Questo pezzo poi è da circoletto rosso:
-Per quanti errori possiamo aver fatto, l’America ha garantito per sei decenni la sicurezza globale con il sangue dei suoi militari- ha detto Obama, ricordando l’idealismo che spinge ad agire -perché cerchiamo un futuro migliore per i nostri figli e nipoti e crediamo che lo potremo avere se anche i figli ed i nipoti degli altri Paesi l’avranno-
L’America ha garantito la sicurezza globale?
Nel giardino di casa (vedere America Latina) vorrei chiedere cosa ne pensino.
In Afghanistan come ha garantito la sicurezza?
E in Medio-Oriente?
Barack Obama "costruisce coalizioni invece che fare nemici"?
Bene, così potremo depredare in compagnia e uccidere in allegria.
Da quando una coalizione è sinonimo di pace?
La real-politik che giustifica l’uso della forza è una maschera per legittimare ulteriore uso di forza.
Ed è successo.
Distinguere tra "war of necessity" (Afghanistan) e "war of choice" (Iraq) è un vezzo linguistico che poca differenza genera nelle migliaia di morti civili Afghani ed Iracheni.
E cosa dire della sua certezza sui programmi militari iraniani e sulla detenzione di materiale bellico nucleare?
Ricorda forse la "smoking gun" da altri citata in passato? Strategie di questo livello, se messe in atto da Bush, verrebbero considerate alla stregua di scuse per un attacco preventivo.
Ma il nobel per la pace Obama lo merita anche per il coraggio mostrato rispetto alla questione mine antiuomo.
Pacifista fino in fondo.
Pacifista contro il parere di tutti.
"Gli Stati uniti devono potersi difendere nelle circostanze più diverse" ha sostenuto Ian Kelly, portavoce del dipartimento di stato.
"Non siamo i soli ad avere questa posizione". Allusione al rifiuto di aderire al trattato di altre potenze come la Russia, la Cina, l’India e il Pakistan.
Non male avventurarsi in un tale paragone.
Immagino, per altro, che le mine antiuomo, in ottica difensiva per citare Kelly, potrebbero essere rilasciate su suolo americano.
Certo. Come no.
Obama pacifista nel senso che tenta di nascondere foto delle torture USA.
Se bastasse questo per la pace…
Peccato che una simile politica di censura fosse stata messa in atto, con feroci critiche annesse, anche da Bush.
Obama pollice verde:
Ama l’ambiente e gli ambientalisti lo amano.
Da menzionare quindi gli storici risultati di Copenaghen.
La colpa certo non sarà ascrivibile ad un singolo stato ma ogni nazione si assuma le proprie responsabilità.
Obama difensore dei diritti civili (vedere Guantanamo):
Non è male chiudere un carcere illegale circondati da media che ti glorificano
ed aprirne altri nel silenzio assordante degli stessi.
Qualche problema permane: prima di poter fisicamente effettuare il trasferimento (dei prigionieri) l’amministrazione dovrà però riuscire ad ottenere dal Congresso di Washington il varo di una legge ad hoc per consentire la detenzione «a tempo illimitato» sul territorio nazionale, che per al momento è vietata.
Obama e il conflitto tra israeliani e palestinesi:
Già prima di essere eletto Obama aveva fatto capire molto parlando e soprattutto
tacendo sulla questione.
Lo "storico" discorso del Cairo è restato null’altro che un discorso e ad oggi si fatica a vedere qualunque forma di miglioramento di condizioni per i cittadini palestinesi.
Obama non solo non ha fatto cenno alle due grandi questioni di Gerusalemme est e del diritto al ritorno dei profughi palestinesi, ma non ha nemmeno definito la natura dello stato palestinese, né si è impegnato esplicitamente affinché tale stato sorga su tutti i territori occupati nel 1967.
E cosa altrettanto negativa, non ci sono adesso sbocchi per la pace più di quanti non ve ne
fossero durante il secondo mandato di Bush.
http://domani.arcoiris.tv/?p=2928
Obama insomma non è infallibile.
Non lo è sui grandi temi, certo non lo è su quelli minori.
Basti citare un caso su tutti: definire stupido l’operato della polizia nel caso d Henry Luis Gates a New Orleans.
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Sto cercando di dire che Obama è un pessimo presidente e che sarebbe meglio Bush?
No, ci mancherebbe: non sto dicendo che sia meglio Bush.
Cerco di dire che, se esiste una responsabilità nella detenzione del potere, esiste una responsabilità nel suo controllo.
E tale controllo deve essere messo in atto non solo dai media (che colpevolmente abdicano a tale compito) ma anche dagli elettori che invaghiti dalla figura di un leader non sono capaci di riconoscerne i limiti e i difetti.
(vi ricorda qualcosa?)
Si rischia di finire in uno dei luoghi comuni politici più antichi: i peggiori arretramenti sociali avvengono in presenza di un governo "amico" dove le armi della critica sono ammorbidite -o peggio spuntate-.
E dove, in virtù del male minore, si accettano accordi al ribasso che spesso generano danni difficili da calcolare poiché raggiunti in regime di presumibile armonia.
Non possiamo permettercelo.
Non in Italia e non nell’impero.
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