Nel 1889 la Seconda Internazionale stabilì che il primo maggio fosse la giornata internazionale dei lavoratori. Tale data è stata poi riconosciuta da più di 65 paesi del mondo ma paradossalmente non dagli Stati Uniti, proprio dal paese in cui ebbe la sua origine storica.
Nel 1884 la Federationof Organized Trades and Labor Unions sviluppò il movimento per la giornata lavorativa di otto ore che sarebbe culminato in uno sciopero nazionale due anni più tardi, il 1 maggio 1886. Il sostegno del movimento crebbe e dall’aprile 1886 i lavoratori coinvolti in tutto il paese furono centinaia di migliaia.
A Chicago, nel cuore del movimento, l’infondata paura della violenza giustificò il fatto che la polizia e militari fossero equipaggiati con nuove e più potenti armi. Un gruppo degli uomini d’affari di Chicago finanziò l’acquisto di mitragliatrici con $2.000 da usare contro gli scioperanti. La polizia intanto teneva sotto controllo i leader anarchici dell’associazione internazionale dei lavoratori (International Working People’s Association) che dirigevano l’organizzazione dei lavoratori in sciopero a Chicago.
Il primo maggio i lavoratori scesero in piazza a migliaia a New York, Detroit, Milwaukee, come del resto in tutta la nazione. A Chicago 80.000 persone marciarono lungo Michigan Avenue a supporto del movimento. Furono paralizzate le industrie, le ferrovie e i mattatoi. Quel giorno scioperarono tra i 300 mila e i 500 mila lavoratori in più di 11.500 aziende.
Nonostante le previsioni di violenza da parte degli operai la lotta proseguì senza incidenti crescendo ogni giorno, ed i lavoratori incrociarono le braccia in numero sempre più grande per unirsi allo sciopero.
Violenza ci fu, ma da parte dello Stato: il 3 maggio la polizia sparò sulla folla di scioperanti alla fabbrica di McCormick Harvester a Chicago uccidendone quattro e ferendone diversi altri.
Un incontro di protesta fu tenuto la sera successiva ad Haymarket Square. Inizialmente c’erano 3.000 persone ma quando iniziò a piovere la folla si disperse lasciando solo 300 persone ad ascoltare gli speaker. Ad un certo punto 180 poliziotti, ben armati di fucile, avanzarono attraverso la folla per far concludere il meeting e fu allora che un bomba artigianale esplose ferendo diversi poliziotti, dei quali ne morirono sette nei giorni successivi. A quel punto la polizia aprì il fuoco sulla folla, uccise diversi lavoratori e ne ferì a centinaia.
Il giorno dopo furono effettuate dalla polizia molte perquisizioni in case ed uffici della città e vennero arrestate centinaia di persone sospettate di essere collegate ai gruppi radicali. Alle fine otto capi anarchici furono accusati di aver cospirato per uccidere. Spies, Parsons, Fisher, Engel, Lingg, Schwab, Neebe e Fielden. Eccetto Fielden, che stava parlando sul palco al momento dell’esplosione della bomba, nessuno di questi uomini era presente quella notte nel luogo dell’attentato. Non c’era nessun evidente collegamento fra questi uomini e la bomba o con l’attentatore. Infatti, fino ad oggi nessuno conosce l’identità del responsabile.
Il processo cominciò il 21 giugno del 1886 e si concluse due mesi dopo. Le pressioni dei mezzi di informazione e del giudice, assieme ai pregiudizi della giuria, portarono ad otto verdetti di colpevolezza: 15 anni di detenzione per Neebe e la pena di morte per gli altri. Gli appelli furono respinti.
Una campagna internazionale continuò allora a chiedere il loro rilascio. Le sentenze nei confronti di Schwab e Fielden vennero commutate in ergastolo mentre Parsons, Engel, Spies e Fischer furono impiccati l’11 novembre del 1887. Lingg invece morì il giorno prima dell’esecuzione. Secondo le versioni ufficiali si sarebbe suicidato.
Nel 1983 Neebe, Schwab e Fielden sono stati scagionati e il governatore ha prosciolto pubblicamente tutti gli otto uomini.
Ma quella vicenda non finì allora. E' proseguita fino a tempi a noi vicini.
ZNetwork is funded solely through the generosity of its readers.
Donate