E' solo un equivoco.
Non credo onestamente che gli industriali debbano scusarsi per aver applaudito l'uomo che ha, secondo sentenza di primo grado, provocato la morte di sette persone.
Lo dico senza ironia.
Perché?
Pensiamoci solo un secondo.
L'Italia, in Europa, è prima per il numero di morti sul lavoro.
Circa 3 al giorno.
Ogni giorno, insomma, crepano 3 tizi, non raramente extracomunitari in nero, e così noi riusciamo a mantenere stabile il nostro primato.
Alla Thyssen questo merito italico viene preso sul serio, insomma con i numeri non si scherza.
E per riuscire a mantenere la media spesso si rivela necessaria qualche azione importante.
Così si pensa di rimandare a domani (la messa in sicurezza di alcuni impianti) quello che si doveva già fare ieri.
Soprattutto perché per il domani è prevista una dismissione.
Un bel giorno però scoppia un incendio e sette tizi finiscono al creatore.
Sette famiglie distrutte e tanti saluti a tutti. Il primato è ancora nostro.
Crudo?
No, solo la sostanza.
Arriva la sentenza e l'ammnistratore delegato -tedesco- si becca 16 anni (circa) in primo grado.
Sconcerto e paura tra tutti gli imprenditori, non solo per il numero di anni inflitto al colpevole, ma anche per il tipo di condanna.
-omicidio volontario con dolo eventuale-
…
Fino a qua la cronaca.
Quel giorno, quando è scattato l'applauso è accaduto qualcosa di speciale.
Non è stato un singolo che svogliatamente ha deciso di darsi una manata sul palmo.
Non due tizi che si sono dati un cinque.
No: un gruppo di persone, elite e rappresentanza della classe economica dominante, ha spontaneamente e di getto espresso solidarietà ad un pari grado.
Portatori di un invidiabilie merito di morte hanno reso omaggio ad un campione della categoria.
Non parliamo di gente di questa terra.
Possono sembrare uguali a noi ma non è così.
Quell'applauso è il loro linguaggio.
Così, arrivo al punto.
Perché non chiedere scusa?
Perché le scuse sono umane, rassicuranti, contestuali.
Le scuse ci dicono che qualcosa è stato sbagliato, che è stato commesso un errore, che qualcuno ne ha preso atto e si rammarica.
Io le scuse non le voglio: l'applauso è ben accetto perché ricorda che, anche quando ci sforziamo di non essere manichei, arriva sempre un segnale a rammentarci che "loro", nelle stanze del potere, restano "loro" e il resto del mondo, che sia un torcia umana od uno sfruttato, resta un costo inutile.
Si tengano il loro applauso.
A "noi" sembrerà sempre agghiacciante.
Surreale.
E a "loro" sembrerà sempre un errore di percorso.
Qualcosa da riparare spendendo qualche soldo in più.
Ma le scuse, quelle no,
non ci provino.
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