Mattina.
Mirafiori.
14 gennaio 2011
E' il blackmail-day.
Intervista ad un operaio che ha appena smontato dal turno di lavoro notturno ed ha votato.
"Voto no. E non è orgoglio ma semplice dignità. L'orgoglio è una cosa la dignità un'altra."
Alcune persone che dovrebbero fare tesoro delle precedenti parole.
Bersani: "il referendum va rispettato."
Fassino: "fossi un operaio voterei si"
D'Alema: "Non sto nè con Marchionne nè con la Fiom. Vicenda sollecita la politica ad affrontare problema competitività" (mai il problema dei diritti)
"Io non sono d’accordo con la Fiom perché un sindacato negozia anche arretramenti concessioni, esuberi, a volte necessari per salvare un’azienda (…)"
E infine Renzi, il delfino/rottamatore del PD.
"Io sto con Marchionne, senza se e senza ma."
"Ma più che con la Fiom sto con il governo Obama che scommette e investe sulla sfida di Marchionne. Reazionario anche Barack?"
(Lasciamo perdere la superficialità dell'ultima frase: in una situazione di diritti sindacali abbondantemente erosi come quella statunitense CHIUNQUE starebbe con Marchionne a meno che quest'ultimo non proponga l'utilizzo della frusta in catena di montaggio)
Intanto gli operai restano soli.
Questo è il PD e il suo metro di giudizio (e di azioni) davanti al più grave attacco degli ultimi 30 anni contro le rappresentanze dei lavoratori.
E' un passo avanti, a dirla tutta.
Un sincero onesto passo avanti verso il riposizionamento ufficiale (poiché quello pratico e reale già si era realizzato appieno durante l'era Prodi) verso le più marcate posizioni filoindustriali.
Resta comunque un problema linguistico di base: l'ostinazione a chiamare "referendum" un ricatto in modo da poter considerare accettabili le proprie dichiarazioni anche agli occhi di operai, disoccupati e studenti senza futuro.
Come se fosse un confronto alla pari, una questione tutta ideologica, e non invece l'umiliante intimazione alla resa delle armi.
Ostinazione linguistica che comunque sull'elettorato esercita sempre meno influenza, e questo lo vedremo in seguito.
In ogni caso è un momento critico per il PD.
In una lenta eutanasia cerca di capire dove andare a collocarsi nelle prossime elezioni e nei prossimi mesi.
Indeciso tra una sinistra (???) (SEL) che certo non definirei estrema -e che salvo novità tornerà presto in parlamento- e un "terzo polo" non ancora stabile ma che potrebbe erodere altri voti si barcamena con dichiarazioni ogni giorno diverse.
Tenta, di volta in volta, di aggiustarle in base all'umore del proprio sempre più esiguo e insofferente elettorato.
Le ultime dichiarazioni di un Bersani schizzofrenico lo dimostrano: "Berlusconi si vergogni".
Lui no invece.
In questa Italia scissa in berlusconiani e antiberlusconiani il leader del PD pensa di batter cassa non tanto dicendo qualcosa di sinistra quanto brandendo l'arma del nemico giurato.
E come se non bastasse al suo interno frange non minime (i modem)(non scherzo, si fanno chiamare così) lo criticano per una posizione troppo morbida nei confronti di FIOM e operai.
Paolo Gentiloni non ha usato mezzi termini, attaccando la relazione del segretario. “Non ci ha convinto. A partire dalla questione Fiat”. “Dobbiamo stare dalla parte di Marchionne? Non è questo il punto”, ha spiegato nel suo intervento l’ex ministro delle Telecomunicazioni. “Ma il Pd dovrebbe essere a sostegno del sì all’accordo di Mirafiori in maniera esplicita”.
Intanto gli operai restano soli.
In questo situazione dichiarazioni banali ma assolutamente condivisibili di Di Pietro rendono l'IDV nuovamente apprezzata anche da chi in un "paese normale" non prenderebbe mai in considerazione tale partito giustizialista: "gli accordi fiat VIOLANO LA COSTITUZIONE"
Torniamo al PD.
Un partito che con i sondaggi ci gioca ogni giorno.
Un partito che quando il sondaggio va male lo interpreta (con il suo organo di stampa ufficiale): le primarie, la cronica capacità di perderle da parte dei suoi rappresentanti e l'opinione degli elettori.
-nota: il PD è l'unico partito al mondo che sia capace di perdere le proprie primarie–
E quando il sondaggio va malissimo lo nasconde.
"Dunque, il Pd non sa parlare ai giovani che non possono studiare, agli operai, ai disoccupati, alle partite Iva, ai precari, alle casalinghe. Insomma, non sa più parlare a quella che una volta si chiamava la povera gente, quella che affidava alla sinistra un sogno di riscatto."
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/07/3800apkasfokadfgoljkadfg-17/85205/
Non posso non concludere questa parentesi piddina citando nuovamente il delfino/rottamatore Renzi:
"Io sto con Marchionne senza se e senza ma"
E allora la prossima volta fatti votare da lui.
Quanto a Marchionne direi che sia quasi inutile dilungarsi
Cito di sfuggita la mia rivista di gossip preferita: "il giornale":
"Il contratto di Sergio Marchionne, ceo della Fiat, prevede uno stipendio di tre milioni l’anno più un bonus variabile sui risultati. Nel 2009 è stato di 4,7 milioni. Ma il manager ha anche 10 milioni di stock option, il cui valore dipende dai prezzi del titolo Fiat. Al momento, per effetto dell’ottima performance delle azioni, le opzioni valgono un premio di 100 milioni di euro, pari allo stipendio di un anno di circa 6.400 operai del Lingotto. "
6.400 operai o 100 milioni
Il prezzo di Marchionne.
Persino i lettori di un simile quotidiano restano perplessi.
E credo che non sia facile generare perplessità nei lettori de "il giornale"
Solo che non è Marchionne il punto.
Lui ha sfondato la barricata e credo sia inutile stupirsi di quanti arriveranno dopo o di chi, nel governo, abbia deciso di aprirgli la strada.
Il punto è: da adesso in poi?
Il quadro è molto più semplice di quanto alcuni vogliano dipingere..
Una crisi economica che non conosce limiti.
Una crisi specifica, quella del settore auto, ancora peggiore che vive una concorrenza che ancora non ha visto entrare in gara realtà nazionali immense quali quelle della Cina o dell'India (e allora parlare di questa crisi sarà quasi nostalgico).
E nel dilagare del disagio economico una progressiva perdita di rappresentanza democratica per quelli che sono i segmenti più deboli della popolazioni.
Da un lato, come sempre è stato, industriali il cui unico interesse è il guadagno (e non la produzione industriale quanto il vero guadagno finanziario: vedere la recentissima divisione azionaria della fiat in due titoli separati) e la distruzione delle rappresentanze sindacali.
Dall'altro una popolazione che impoverisce progressivamente
e che si trova costretta a perdere in pochi mesi o anni diritti conquistati con fatica in decenni senza che nessun politico di rilievo faccia nulla per difenderla.
Quando tutto questo accade e nessun interlocutore credibile si fa avanti quello che resta è la frustrazione.
E la rabbia.
E nessuno venga a dire che non si sarebbe mai potuto prevedere.
P.S. mi si faceva giustamente notare quanto la riunione esplicativa dei capireparto fiat mirata ad indottrinare gli operai fosse assolutamente "fuori standard" rispetto ai comuni rapporti sindacati-azienda.
E che il silenzio delle sigle sindacali -esclusa la FIOM- davanti a questo scempio risultava gravissimo.
Ma questo era vero nel vecchio sistema.
Adesso siamo nella nuova era della "monetizzazione della flessibilità".
Così quando i sindacati adesso silenti si troveranno con le spalle al muro contro una dirigenza aziendale che del crumiraggio e della delazioni farà la norma (perché arriverà pure il loro e nostro momento) vadano a farsi difendere da Renzi o dal PD.
E tutti insieme ci faremo una sana grassa amara risata.
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